Interesse, curiosità, ricerca del benessere, tendenze, nuove esigenze e, perché no, anche la nuova consapevolezza, hanno contribuito negli ultimi anni, a rendere tutto ciò che riguarda la bellezza centrale nel discorso dei consumi, rendendo il settore più dinamico e sicuramente interessante. Sono nate così tantissime nuove realtà, ciascuna delle quali con le proprie caratteristiche e formulazioni uniche, che si sono affiancate a quelle già esistenti più o meno grandi, che hanno avuto maggiori possibilità di esporsi sul palcoscenico del mercato, di migliorarsi e scoprire nuovo pubblico.
È in questa vivace dinamicità che trova ampio spazio l’imprenditoria femminile: se sono sempre di più le donne che, per fortuna, in tutti i settori danno il via a una propria attività, è soprattutto nel mondo del beauty che le vediamo emergere con la propria sensibilità e inventiva. Abbiamo avuto la possibilità di incontrarne cinque, tutte molto diverse tra loro per background, approccio e proposta, per indagare su questo bel cambiamento in atto.
Giulia Sinesi – Gofu
Giulia Sinesi, beauty expert che spazia dal makeup alla skincare, ha ricoperto vari ruoli nel settore sia a contatto col pubblico che dietro le quinte, ai quali ha affiancato il lavoro di content creator sui social. Ha pubblicato il libro Vitamine di beauty 2020 e lanciato il suo brand di skincare Gofu nel 2021.
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Ciò che traspare sia dai tuoi canali social che da Gofu è che tu sia molto preparata e altrettanto esigente: quale lacuna hai voluto colmare con il tuo brand?
Con Gofu abbiamo voluto creare qualcosa che funzionasse pur rimanendo delicato, al fine di rivelare la bellezza della pelle sia istantaneamente che a lungo termine. Testando moltissimi prodotti nel corso degli anni, mi sono accorta di quanti ce ne fossero di efficaci, ma spesso troppo aggressivi e non per una questione di formulazione errata, ma proprio per filosofia. Infatti, la skincare occidentale ha un approccio più “deciso” a cui siamo ormai abituati: noi invece ci siamo ispirati al metodo orientale per venire incontro alle esigenze di tutti, anche di chi ha una pelle delicata, senza rinunciare all’efficacia e unendo i punti di forza dei due mondi.
Formulazioni, profumazioni, strategia comunicativa, ma anche il packaging di Gofu, colpiscono per l’unicità, poiché si differenziano dal trend minimalista del momento: come mai questa scelta?
Abbiamo scelto il rosso per differenziarci, per esprimere e dichiarare la nostra unicità. Ogni brand ha la propria peculiarità sulla quale punta, la nostra è l’essere delicati e volevamo distinguerci anche attraverso l’immagine. Inoltre, il minimalismo penso che non sia un approccio che calza a tutti, per questo abbiamo puntato sul rosso, un colore che si nota non solo sugli scaffali, ma anche a casa: i prodotti Gofu sono impossibili da ignorare e devono ricordarti di fare la tua skincare routine!
Quanto ti hanno aiutato i social nel dare forma al tuo business?
Tantissimo. Ho sempre avuto voglia di creare il mio brand, ma desideravo che fosse davvero diverso e per fare ciò ho ascoltato in primis la mia community, che sapevo sarebbe stato il mio primo pubblico nel momento in cui avessi lanciato Gofu. Ho intrapreso un dialogo diretto e trasparente per capire i loro desideri e dare una direzione al mio progetto. La reazione è stata sorprendentemente positiva, dimostrando come lo scambio sia stato positivo e ci sia stata comprensione a vicenda.
Qual è il prossimo progetto di Gofu? Ci sarà mai una linea di makeup?
L’ultimo lancio di Gofu è recentissimo e si tratta delle minitaglie dei prodotti Trace Away, Super Soap e Skin Meal, pensati per portarsi in viaggio gli essenziali per la skincare. Per quanto riguarda altre novità, se ne parlerà in autunno: abbiamo deciso di proporre pochi prodotti e introdurli gradualmente a distanza tra loro per non sovraccaricare pubblico e offerta, dando il tempo di scoprirli e provarli. Per quanto riguarda il makeup, al momento Gofu rimarrà un brand esclusivamente di skincare, ma chissà, magari in futuro…
Cecilia Garofano – Teaology
Cecilia Garofano, dopo una carriera nel mondo della cosmesi, ha deciso di fondere la propria esperienza con la sua grande passione per il tè creando insieme al marito Teaology, brand molto innovativo dall’approccio internazionale.
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Come è nata l’esigenza di fondare un tuo brand e quali sono state le difficoltà iniziali?
Teaology fonde le mie due passioni: la cosmetica, dove ho iniziato a lavorare appena terminati gli studi, e il tè, che bevo da sempre, ma che mi ha incuriosito ancora di più quando, grazie al mio lavoro, ho scoperto che il suo estratto, non a caso presente nella maggior parte dei prodotti, era un potente antiossidante tanto per la pelle quanto per le formule, proteggendole. A illuminarmi è stato però un formulatore visionario, che mi ha proposto di utilizzare le varie tipologie di tè (biologico) in modo diverso rispetto agli altri: sostituire l’acqua con l’infuso per rendere i prodotti più efficaci. Ci siamo affidati all’Università di Ferrara per eseguire diversi test su questo “esperimento”, che ha funzionato e, dopo un lungo iter, la nostra tecnologia è stata brevettata. Essere un brand indipendente e senza finanziatori è stato complicato all’inizio, ma grazie anche al supporto di mio marito, anche lui nel settore della cosmesi ed entrato in azienda successivamente, e di altri professionisti che hanno creduto in noi, siamo riusciti a dare forma a Teaology. Il mio consiglio è quello di crederci, non mollare e non fermarsi al primo ostacolo: se avete un’idea, andate fino in fondo!
Teaology per spirito e approccio non è il tipico brand italiano: come è stato recepito in Italia e in quali paesi è più apprezzato?
Teaology fin dalla sua nascita nel 2015 ho voluto avesse una vocazione internazionale, pur mantenendosi made in Italy, non rimanendo strettamente legato al nostro paese come spesso accade per i brand italiani. Abbiamo deciso di seguire il percorso inverso, guardando prima all’estero aiutati anche dal fatto che il tè è conosciuto e bevuto davvero in tutto il mondo. Oggi il nostro mercato è il Canada, paese grande consumatore di tè, e che potrebbe aprirci le porte di quello molto complicato degli Stati Uniti. Anche in Europa oggi siamo ben recepiti, Italia compresa: siamo partiti alla fine 2019 poco prima della pandemia e ci stiamo facendo conoscere piano piano anche qui, dove la cosmesi naturale interessa e piace sempre di più.
Complici i social, negli ultimi anni il mercato beauty è letteralmente esploso: in quale direzione sta andando?
Il mondo della bellezza è cambiato profondamente anche e soprattutto grazie ai social. Noi non nasciamo come un brand digitale, ma più improntato sui negozi fisici e quando abbiamo iniziato otto anni fa la scelta di orientarci sull’estero è stata dovuta anche al fatto che da noi la proposta fosse più tradizionale in termini di marchi, quando negli Stati Uniti, per esempio, i brand indipendenti erano rivenduti anche nelle grandi catene. Il passo però è cambiato molto velocemente e per merito appunto anche dei social si è diffuso l’interesse verso tutto ciò diverso e nuovo, non solo da parte dei più giovani. Abbiamo percepito che questa rivoluzione ha toccato le persone di tutte le età e questa voglia di sperimentare è decisamente positiva. Rende questo momento interessante e ricco di opportunità.
Teaology ha una filosofia molto legata al benessere, unita a una grafica colorata e divertente: qual è il pubblico a cui si rivolge?
I numeri dicono che le nostre consumatrici hanno tra i 25 e i 45 anni, ma in realtà noi ci rivolgiamo davvero a tutti. Abbiamo ottimi riscontri anche dalle più giovani, molto affascinate dal mondo del tè e delle tisane, che partecipano con entusiasmo anche ai nostri eventi dedicati al mondo del tè. È un tema che si è svecchiato: oggi tutti ricercano equilibrio e benessere, ed è esattamente a questo che vuole rispondere Teaology, puntando sul concetto di quanto questo infuso faccia bene, ricercando sempre nuovi modi per usufruirne.
Erika Boldrin – Honieh
Erika Boldrin, che con il suo Honieh ha voluto dare forma a tutta la sua coolness: nata come blogger focalizzata sul mondo fashion, ha deciso di cambiare prospettiva entrando nel mondo beauty senza mai abbandonare la moda e le tendenze.
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Formazione economica e innata sensibilità alle tendenze: quale di queste due anime ti ha più guidata nella creazione di un business come Honieh?
Sicuramente la mia sensibilità alle tendenze, ho pensato ad Honieh ancora prima che ci fosse questo super trend della cosmetica. La mia formazione economica mi ha sempre spinto a fare qualcosa di mio ma su tante idee ho aspettato che fosse quella giusta.
Honieh è un brand molto cool oltre che attento: quali sono oggi i trend nel mondo beauty e cosa chiedono i consumatori?
Sicuramente le persone chiedono attenzione alla sostenibilità e prodotti sempre più naturali che per me sono sempre stati alla base di Honieh in quanto fanno già parte del mio lifestyle da tanto tempo. Noi cerchiamo di essere più sostenibili possibile ma a volte non è sempre facile, soprattutto per un brand indipendente.
Il merchandising Honieh ci racconta che questo è molto più di un brand: è uno stile di vita?
Assolutamente sì, ho tante idee da portare avanti anche se ora essendo diventata mamma ho dovuto un po’ rallentare ma presto riprenderemo a pieno regime.
Quali sono i prossimi campi che volete esplorare con il brand?
Sicuramente vogliamo esplorare il campo del makeup sempre però con un’attenzione alla naturalità dei prodotti e in questo settore è ancora molto difficile avere texture performanti e naturali allo stesso tempo. Non escludo anche il settore degli integratori naturali che io stessa spesso utilizzo.
Chiara Sormani – Face D
Chiara Sormani, dopo anni nel beauty ha deciso di voler rispondere in maniera concreta alle esigenze della pelle, dando la giusta importanza alla sua cura. Face D nasce nel 2013.
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Face D nasce nel 2013, molto prima del boom della skincare: com’è cambiato il settore in questi anni?
Il settore della skincare è cambiato molto. Basterebbe pensare che nel 2014, quando abbiamo iniziato a creare i cofanetti regalo di Natale, si riteneva offensivo regalare una crema anti-rughe ad un’amica! Oggi la cura della pelle è diventata un gesto quotidiano, invece prima era quasi un vezzo o una consapevolezza solo per alcuni. La challenge alla quale anche Face D veniva chiamata in causa era di riuscire a traghettare le persone dal makeup alla skincare. Oggi ritengo che alle volte sia importante “frenare” l’ansia da skincare: arrivano donne o ragazzi giovani con la consapevolezza che dovrebbero usare delle creme e chiedono delle routine complesse quando magari non è il caso se non addirittura precoce.
Cosa ti ha spinto a fondare un tuo brand e quali sono stati gli eventuali ostacoli iniziali?
La fretta è stata l’elemento che mi ha spinto a fondare Face D. Io arrivo professionalmente dal mondo del make-up e desideravo avere per me dei prodotti skincare che fossero immediati, senza dover aspettare necessariamente due mesi per vedere i primi risultati (il tutto senza compromessi sull’efficacia). Così Face D nasce per liberarmi della domanda mattutina: “Mi trucco e nascondo le occhiaie, o le curo seriamente?” Con Face D le tratto e neutralizzo alla prima applicazione. Gli ostacoli invece erano tanti, tra i quali i fondi esigui: ho iniziato con soli 10mila euro. Inoltre, guadagnare la fiducia dei clienti sulla base del solo passaparola è stato un processo lungo, ma è avvenuto perché il prodotto c’è e la sua qualità si distingue dal resto (così come il suo rapporto col prezzo).
Il siero all’acido ialuronico di Face D è ormai un prodotto iconico: quanto lavoro c’è dietro ogni singola proposta affinché sia così funzionale?
Il lavoro è tantissimo, a partire dallo sviluppo della formula: per alcune referenze siamo arrivati a riformulare 18 volte (il che significa che le 17 varianti precedenti si buttano). Per noi è poi fondamentale il processo dei test di efficacia che durano nel complesso 3 mesi e coinvolgono panel di 40 volontari anonimi, che vengono visitati da un medico dermatologo. Non parlo poi dei controlli che facciamo sulla qualità del packaging, gli avviamenti di stampa, degli scarti di produzione per i graffi sui vetri ecc. Lavorando in passato con le multinazionali ho deciso di applicare gli standard qualitativi delle grandi firme francesi: ero e sono lungimirante, e la qualità first!
Il tuo è un brand che fa della sostenibilità un punto di forza: avete progetti per un ulteriore miglioramento del vostro impatto?
È una domanda perenne, quest’anno con grande orgoglio siamo riusciti a portare il pack free che ci contraddistingue (ossia la possibilità di acquistare senza astuccio) anche nei punti vendita! Abbiamo, infatti, proposto ai farmacisti di provare a vendere la nostra Crema idratante Anti-Pollution senza astuccio e la proposta è stata accolta con successo. Per questo cercheremo di rifare l’esercizio quanto prima.
Claudia Scattolini – Fragrance Designer
Claudia Scattolini, non solo naso ma anche fragrance designer, con la propria attività a 360° nel mondo del profumo lavora, tra gli altri, anche a stretto contatto con le aziende per creare il loro logo olfattivo.
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Quella del mastro profumiere era un’attività, fino a non molto tempo fa, prettamente maschile: hai incontrato qualche difficoltà all’inizio della tua carriera?
È vero che un tempo la professione di profumerie era prettamente maschile, ma credo come lo sono state tante altre professioni. Al giorno d’oggi non c’è più distinzione, non ci sono più lavori maschili e lavori femminili. Quando sono arrivata alla scuola di Guerlain a Versailles, dopo la laurea in farmacia, mi sono ritrovata in una classe internazionale dove eravamo quasi esclusivamente donne: questa professione si sta colorando di rosa. Penso che non sia una questione di essere uomini o donne, ma di essere più o meno attenti all’olfatto, farci caso, porvi attenzione e riuscire a memorizzare le sensazioni che ogni nota olfattiva riesce a darci, anche se la scienza dice che le donne sembrano avere una maggiore sensibilità olfattiva. Sarà vero? Mah! Non ho comunque mai avuto particolari problemi perché sono donna.
L’aumento dell’interesse intorno alla profumeria di nicchia pensi abbia incentivato l’imprenditoria femminile in questo settore?
Diciamo che le donne hanno colto al volo l’occasione di un settore in crescita e che si profila molto bene con l’universo femminile. Un ottimo connubio direi: donne e profumi.
Tu crei fragranze per gli altri, ma qual è il tuo profumo preferito? E ne esiste uno universale?
La Rosa, regina dei fiori, è il profumo che più mi entra nel cuore, che mi commuove con le sue mille sfaccettature: fiorita, femminile, speziata, mielosa a tratti, fresca all’inizio, a volte fruttata. È un profumo che si abbina meravigliosamente alle note ambrate in un connubio super sensuale, ma anche con la freschezza degli agrumi, con il tocco raffinato dei fiori bianchi, con il calore dei legni.. e potrei proseguire per ore. La adoro.
Un profumo universale non esiste in teoria, anche perché culture diverse amano odori diversi, anche se devo dire che non ho mai trovato nessuno che mi dicesse di odiare il profumo meraviglioso degli agrumi: la loro freschezza spontanea e frizzante, familiare e intensa. Se dovessi scegliere una fragranza per un sottofondo profumato di un luogo molto frequentato e che deve piacere in modo universale o se dovessi fare un regalo alla cieca, sceglierei un profumo agrumato.
La tua attività di fragrance designer è unica e molto variegata, ma c’è un progetto che non hai ancora realizzato e che vorresti concretizzare?
Bella domanda! È vero che ho già utilizzato i miei profumi creati ad hoc per molteplici situazioni, ma una in particolare è una sfida che tutti i profumieri, e non solo quelli, vorrebbero realizzare: trovare il modo di avere la possibilità di spedire profumi via web. Come si possono spedire i colori e le immagini, così anche poter riprodurre gli odori a distanza sarebbe una vera rivoluzione. Qualcosa è già stato fatto, ma ancora nulla di definitivo. Chi lo sa, magari un giorno! Di progetti in fieri ne ho molti altri: dallo scrivere un libro (ormai attività anche troppo scontata nel mio settore, lo so) al partecipare a un programma televisivo sui profumi, dal creare una vera scuola di profumeria in Italia (qualcosa già ho iniziato con l’Accademia tecniche Nuove) al contribuire allo studio degli stimoli olfattivi legati alle malattie nervose degenerative. Col sorriso sulle labbra devo dire che non mi annoio mai.
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